Per gli antichi Greci, dopo la morte, esistevano gli Inferi. Le anime giungevano da Caronte, il nocchiero che trasportava sulla propria zattera coloro che avevano ricevuto una degna sepoltura e riceveva un obolo per il suo lavoro. Infatti ai morti veniva messa in bocca una moneta prima della sepoltura o della cremazione.
“Devi infatti sapere che anche tra i defunti l’avarizia non cessa di vivere e Caronte, che è il custode degli inferi, una divina non certo irrilevante, è lo stesso uno che non fa niente per niente. Per cui se uno muore povero, dovrà cercarsi il denaro per il viaggio e se non ce l’ha quando si presenta non gli danno nemmeno il permesso di morire tranquillo…“
Davanti alle porte degli inferi si trovava Cerbero, il cane a 3 teste(o forse 50 o 100). Aveva inoltre una criniera di serpi e una coda di drago. Aveva il compito di non far uscire i morti e non fare entrare i vivi.
Le anime venivano divise a secondo della condotta assunta in vita. Il tribunale era composto da Minosse che si occupava dei casi più difficili, Predomento ai occupava dei morti di provenienza asiatica ed Eaco dei morti di provenienza europea.
Le anime più malvagie finivano nel tartaro, quelle buone ai campi elisi e quelle degli “ignavi” restavano in un limbo.
Ade, fratello di Zeus e Poseidone, era il signore degli Inferi.
“Sorgono qui del Dio sotterraneo le case echeggianti,
d’Ade gagliardo, e della tremenda Persèfone. E il cane
terribilmente sta dinanzi alla porta: ché ignaro
è di pietà, maestro di tristi laccioli: a chi entra
agita lusinghiero la coda ed entrambe le orecchie;
ma non consente poi che esca di nuovo: lo spia,
e quando alcuno coglie che varchi la soglia, lo sbrana.”
Nessuna voleva essere sua sposa così, invaghitosi della nipote Persèfone (vergine, fanciulla) figlia di Demetra, decise di rapirla.
“E poi nel letto entrò dell’alma Demètra, che vita
diede alla Diva dal candido braccio, Persèfone. E lungi
poi la rapiva Edonèo dalla madre: cosí volle Giove.”
“Fu finto che Plutone, intendendo per lui il Sole, la rapì, e portossela in inferno, perché il calore del Sole nodrisce, e conserva sotto terra tutto il tempo dell’inverno il seminato grano.”
La fanciulla raccoglieva dei fiori quando Ade uscì dal suolo con un carro trainato da cavalli immortale e la prese con sé.
Dèmetra, la madre, era disperata per l’assenza della figlia e ottenne da Zeus il permesso di averla con sé per metà anno. Quando Persèfone tornava, annunciava l’inizio della Primavera, mentre quando se ne andava, la madre disperata, non si occupava più della natura e questo dava vita all’inverno.
Con questo mito I Greci si spiegavano il ciclo delle stagioni, il passare degli anni, quasi l’inverno fosse una “punizione” e l’estate “una benedizione” voluta dagli dei.
Persèfone, signora degli Inferi, era anche la mediatrice delle richieste dei mortali rispetto alle leggi di Ade.
Aveva spesso compassione dei suoi ospiti e cercava di convincere Ade ad esaurire i loro desideri.
Grazie a lei infatti, Orfeo poté chiedere indietro la sua Euridice.
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